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Esempi di playgrounds contemporanei in Olanda
L’Olanda è un piccolo paese densamente popolato (41.526 km² con oltre 16,5 milioni di abitanti), tra gli stati fondatori dell’Unione Europea che non ha bisogno di molte presentazioni essendo una tra le mete turistiche europee più amate qui in Italia. Tuttavia, qualche cenno su alcune delle sue caratteristiche può essere utile ad introdurre il nostro punto di vista, come sempre focalizzato sui playgrounds, sulle loro attrezzature da gioco, sul loro contesto specifico. Di questa inesauribile tematica prenderemo in considerazione qualche episodio rilevante, soffermandoci con attenzione sulle metodologie progettuali e sugli eccellenti risultati ottenuti.
Procediamo dunque per gradi: grazie alla sua particolare conformazione geografica, l’Olanda è il paese dell’acqua ma anche del dominio dell’intelligenza umana su questo elemento. Il paese si situa nella parte occidentale dei Paesi Bassi, affacciandosi sul Mare del Nord tra le foci del Reno e della Mosa, ed è attraversato da numerosi fiumi e da una discreta presenza di laghi. L’acqua pertanto è l’elemento dominante: il 26% del paese è sotto il livello del mare mentre il 20% è ricoperto d’acqua. Grazie ad un importante e tenace lavoro di ingegnerizzazione del paesaggio compiuto dall’uomo, si è riusciti nei secoli a strappare terreno alle acque. I primi esperimenti di prosciugamento di tratti d’acqua di paludi costiere o mare aperto furono realizzati nel XII secolo intorno alla città di Bruges, nelle Fiandre Occidentali, in Belgio: questa fu l’invenzione del Polder, ovvero un articolato sistema di ingegneria idraulica fatto di dighe, argini e sbarramenti la cui tecnica venne perfezionata dagli olandesi, introducendo successivamente i caratteristici mulini a vento (XVII secolo) per risucchiare l’acqua e gettare in mare quella rimasta nelle dighe. Oggi lo stesso compito viene svolto da grandi pompe elettriche, le idrovore, in grado di evacuare centinaia di migliaia di litri d’acqua al minuto. Grazie alla loro tenacia nel tempo, le popolazioni dei Paesi Bassi hanno aumentato il loro territorio di circa 7000 km². Significativo e ancora in uso è un proverbio olandese che recita: “Dio ha creato il mondo, gli olandesi hanno creato l’Olanda”. L’ingegno e la volontà operosa nei secoli di queste popolazioni ricade ancora oggi su molti aspetti culturali di questo paese, in particolare sull’importanza data al ruolo dell’architettura e del paesaggio, sulle teorie relative all’educazione dei figli, e anche sulla ricerca che porta ad una vera e propria eccellenza dei parchi giochi.
Secondo un recente rapporto Unicef (2013) sul benessere dei bambini nei 29 paesi più ricchi del mondo, l’Olanda è risultata essere al primo posto. Per comprendere questo dato bisogna anche riferirsi alle condizioni del mondo degli adulti e da qui all’importanza che può avere sulla salute psicofisica del nucleo familiare un welfare che funziona correttamente. Le politiche sociali sulla famiglia consentono ai genitori una discreta flessibilità nel lavoro, nell’educazione e nel tempo libero. Tra i migliori risultati ottenuti c’è quello di una maggiore attenzione della famiglia alla crescita dei bambini e al valore dato ad uno svago intelligente e costruttivo, e più in generale al tempo libero. Questi sono aspetti importanti di un paese che come contrappeso dà molta attenzione al lavoro “attivo”, sapendosi rinnovare continuamente anche nella sua architettura e nel suo paesaggio e che di certo non risente di problemi di immobilismo. Un altro aspetto che non può essere tralasciato quando parliamo di playgrounds e di attrezzature per parchi gioco è il rapporto che questi intrattengono con le discipline dell’architettura, dell’architettura del paesaggio e del design. Questo paese ha raggiunto proprio in queste discipline dei risultati eccezionali: molti tra gli architetti e i designer più innovativi vivono e lavorano qui, tanto da fare diventare l’Olanda una meta obbligata per comprendere l’origine dell’architettura moderna e contemporanea. C’è una tradizione del “moderno” connessa alla particolare operosità di questo popolo che è stata la base per un’architettura contemporanea spesso sorprendente e per un consistente nucleo di progetti sostenibili di architettura del paesaggio di più recente tradizione. Cito solo alcuni tra gli studi di architettura in attività che hanno contribuito ad un arricchimento della cultura materiale di questo paese: Koolhas/OMA, Ben van Berkel/UNStudio, Mecanoo, WielAretsArchitects (WAA), WinyMaas/MVRDV, Herman Hertzberger/AHH. Oltre a questi e ad altri studi olandesi qui non citati, molto forte è la presenza nel territorio di progetti realizzati dalle migliori firme dell’architettura contemporanea mondiale. Per chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza dell’architettura contemporanea in Olanda, suggerisco il bel testo Architettura contemporanea in Olanda di Olindo Caso per le Edizioni 24 Ore Cultura, (https://www.amazon.it/Architettura-contemporanea-Olanda-Olindo-Caso/dp/8861161081) da cui riporto il seguente estratto dall’introduzione: “Il caso olandese è caratterizzato da due valenze: la costante e rispettosa attenzione alle proprie tradizioni democratico-sociali e il contemporaneo desiderio di portare avanti nuovi linguaggi sperimentali anche attraverso l’uso di tecniche e materiali innovativi. In Olanda è stata accettata la sfida di produrre edifici di qualità a costi inferiori rispetto a quanto avviene nelle altre città europee; viene così legittimata l’ipotesi che l’edificio possa avere una durata ridotta rispetto al passato, introducendo il tema della “temporalità” dell’architettura. In questo atteggiamento è riscontrabile una “freschezza rinnovatrice” che risulta esemplare nel paesaggio europeo”.
Tra gli studi più interessanti che hanno dedicato la propria attenzione alla “piccola scala”, quella per intenderci delle attrezzature per parchi gioco che a noi interessano, al mondo dell’infanzia, al design e a quanto di altro gli è tangente, c’è lo studio di Izabela Bołoz (http://izabelaboloz.com/), con sede a Eindhoven. La sua filosofia progettuale è quella di utilizzare il design per un coinvolgimento attivo e partecipato delle persone; con questa modalità, la progettista dichiara di volere portare il proprio lavoro verso la vita umana, “mediando” tra questa e le più grandi strutture architettoniche. I suoi interventi urbani sono tesi a stimolare la fantasia offrendo nuovi modi per vivere l’ordinarietà del reale. Il suo concetto è anche quello di portare a convivere l’arte, l’architettura e il design con modalità inaspettate che possano generare un effetto di coinvolgente sorpresa. Spesso questi interventi sono rivolti a luoghi e spazi perduti, anonimi, dove attraverso un uso psicologico del colore si viene a generare una sensorialità che va a toccare le corde emotive dell’anima. Dunque un approccio poetico e spesso giocoso, prevalentemente rivolto ad attrezzature per gioco. Izabela Bołozha è originaria della Polonia, dove ha studiato scienze sociali prima di passare a studiare design alla Kingston University e Design Academy di Eindhoven. In poche parole, una progettista trasversale ed eclettica, come spesso sono le figure professionali che progettano questo genere di interventi. Oltre a progettare piccoli parchi giochi, ha al suo attivo una serie di installazioni per gli spazi pubblici e progetti di oggetti, e si è distinta anche per i progetti di allestimento e curatela di mostre significative sul design. Attualmente è docente presso l’Università Tecnica di Eindhoven e presso la Scuola della Forma di Poznan.
Il progetto “Geometric Gardens” (2016) nel parco della scuola Den Hertogschool all’Aia, è esemplificativo del suo approccio. Può essere considerato una vera e propria attrezzatura “artistica” realizzata a partire dalle idee dei bambini, costruita per attivare la loro fantasia, offrendo diverse opportunità al gioco creativo. Nella fase di progetto la designer ha creato un vero e proprio comitato composto da bambini di varie età, che hanno partecipato pubblicamente alla definizione delle idee alla base della progettazione. Il risultato è un lavoro che fa riferimento alle tipiche e più tradizionali attrezzature per playground composte di tubi in acciaio, ma allo stesso tempo ha un aspetto contemporaneo e meno ordinario. La forma semicircolare quasi a ferro di cavallo, con un diametro complessivo di 6 metri, dona enfasi all’ambiente naturale così come il colore scelto, il verde, che conferisce al parco un aspetto metafisico, come di un giardino “astratto”. Formalmente il lavoro è costituito da 22 pali di acciaio zincati e verniciati a polvere e da più piattaforme rialzate con piantane e traversi che servono ad arrampicare. La piattaforma principale, più alta, può essere raggiunta salendo gli elementi di base, ed è pensata come uno spazio ulteriore per giocare. I bambini possono poi tornare a terra anche facendosi scorrere su alcuni tubi di minor diametro, piegati a formare elementi curvilinei. Sotto la piattaforma c’è un accogliente spazio a terra in cui possono liberamente correre e nascondersi, composto da piccoli ripari scatolari di diverso colore.
Un altro studio che si occupa in maniera originale di pensare, progettare e realizzare innovativi playgrounds, è Kaptein Roodnatdi Amsterdam (http://www.kapteinroodnat.nl). Anche in questo caso la formazione e l’approccio al progetto sono interdisciplinari, come i suoi componenti dichiarano nel loro sito web: il design deve essere non facilmente definibile né etichettabile, e soprattutto deve darsi la possibilità di essere un modo diverso di pensare al prodotto e alla sua forma. Nel 2006, con il progetto dal nome impronunciabile “Klimglijklauterhangzitvoetbaltoneelbuis” per un piccolo, significativo parco giochi collegato alla scuola elementare De Paradijsvogel dell’Aia (commissionato dalla pregevole fondazione d’arte indipendente Stroom Den Haag), sono diventati famosi in tutto il mondo. Il nome, cercando una difficile traduzione in italiano, significa qualcosa come: “arrampicati-scivola-scala-appenditi-siediti-calcia-recita-infilati”. L’inedita originalità del progetto è valsa allo studio una nomina al prestigioso Rotterdam Design Prize del 2007. L’idea alla base di questo creativo playground è quella di utilizzare un semplice tubo d’acciaio vistosamente colorato in tonalità giallo limone facendolo snodare per qualche centinaio di metri nel cortile della scuola. Questo elemento progressivamente andrà serpeggiando per lo spazio, a tratti, con movimento spiraliforme, così da generare i tanti elementi che definiscono uno spazio per il gioco: sarà l’evolversi della forma a generare la possibilità delle funzioni. Il movimento lineare continuo del tubo, andando a “colonizzare” gli spazi aperti della scuola, genererà in un imprevedibile susseguirsi dondoli, scivoli, scale, panchine, girotondi, un canestro, due porte da calcio e un palcoscenico completo di sipario. Lo stesso elemento inoltre creerà uno spettacolare colpo di scena penetrando all’interno dell’istituto scolastico nella sua aula più rappresentativa, l’aula magna. L’ispirazione per questo progetto non proviene dal mondo del design ma da quello del cinema: precisamente da una scena del film Mon Oncle (1958) di Jacques Tati. Monsieur Hulot, il protagonista, cercando di supervisionare nella fabbrica Plastic una macchina per la produzione industriale di oggetti in plastica, si ritrova in una comica e disperata lotta con i pulsanti e le leve sino al totale “impazzimento” di questa e degli oggetti generati (una ridda di salsicce di plastica) che vanno a diffondersi come un blob per gli spazi della fabbrica. Il gioco, dopo essere stato installato, ha avuto anche un enorme successo d’uso, mostrandosi ideale per promuovere la creatività dei bambini; la pratica del giocare ha indubbiamente favorito la socialità tra i bambini della scuola.
Qualche tempo fa, le critiche e scrittrici di architettura e design Kimberlie Birks (Canada, 1978) e Amelie Znidaric (Austria, 1971), in uno dei rari approfondimenti sul tema dei playgrounds contemporanei dal titolo Architetti in gioco, scrivevano sulla rivista Abitare (N. 524 del 2011): “Oggi sempre più bambini crescono nelle città tra televisione, Internet e Playstation, che catalizzano la loro attenzione. Possiamo quindi continuare ad accettare questo approccio funzionalista che produce spazi tutti uguali come fossero fatti con lo stampino da cucina? I parchi giochi moderni sono non solo ripetitivi, ma anche prescrittivi: dicono ai bambini come giocare e lasciano poco spazio alla loro immaginazione e creatività. Questo potrebbe sembrare un difetto di minore importanza, ma in realtà le conseguenze non sono da sottovalutare. Un recente dossier sulla creatività pubblicato su Newsweek1 ha mostrato come le capacità di raggiungere obiettivi creativi siano tre volte più ampie in individui che da bambini hanno avuto la possibilità di sviluppare la creatività piuttosto che il quoziente intellettivo.”
I parchi giochi che abitualmente presentiamo su queste pagine non sono quelli più comuni e diffusi. Riporto questo estratto per favorire una riflessione che entri nel merito delle ragioni del percorso che abbiamo cominciato, e che con la massima libertà andremo ulteriormente ad esplorare con i prossimi articoli.