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Il playground come spazio sociale: esempi nel mondo

Parchi giochi all’aperto, scopriamoli insieme

Con questo contributo intendiamo ampliare la panoramica, già presente in questo sito, su alcune fra le più innovative e originali realizzazioni di Studi di progettazione internazionali nell’ambito dei parchi giochi (o “playgrounds”, come più di frequente vengono chiamati anche in Italia essendo ormai l’inglese l’esperanto dei nostri tempi).

Ci pare interessante che sin dagli anni ‘60/’70 l’attenzione di diversi teorici dell’architettura, urbanisti e progettisti particolarmente concentrati sulle implicazioni sociali del costruire si sia focalizzata proprio sul tema del playground. Sia le riflessioni teoriche sia le loro applicazioni nella pratica cominciarono in quegli anni a mettere in luce le sue grandi potenzialità rispetto alla creazione di coesione e scambio sociale, specialmente in aree e situazioni depresse e problematiche e quindi fortemente bisognose di una rivitalizzazione non solo economica, ma anche culturale.

Il parco giochi, in queste elaborazioni teoriche e nelle conseguenti realizzazioni, si configura come “spazio creativo”, anzi, di più, come vera e propria “attitudine creativa” (Jay Beckwith, 1973) in cui “designer, scultori, pittori e architetti cercano di creare un nuovo mondo di colore, texture e forme”, e come realtà che “non deve costare un milione di dollari ed entrare in una scatola (vale a dire come un progetto “chiavi in mano”, n.d.r.), anzi, è meglio che ciò non avvenga. Perché i playgrounds non sono adeguatamente riconosciuti come mezzo di espressione artistica” (Paige Johnson, 2008).

È da queste premesse pionieristiche che in moltissimi Paesi del mondo si sono sviluppati in anni recenti, e ancora prendono forma nell’attualità, numerosi progetti che hanno come minimo comun denominatore un costruire /inventare al servizio della popolazione locale, in costante dialogo con la realtà architettonica e sociale circostante. L’obiettivo è quello di condurre il corpo sociale verso nuovi orizzonti di aggregazione, attraverso un significativo ampliamento del concetto più rigoroso di “parco giochi” come luogo di attività ludica destinato esclusivamente ai più piccoli.

Andiamo ora ad esaminare come tali presupposti si concretizzino in qualcuno di questi recenti, rinomati progetti.

(leggi anche Woods of net: esempio di playground in Giappone )

Monster’s Footprints – Shenzen

Il grande Studio cinese di progettazione MAD Architects, fondato da Ma Yansong nel 2004, lavora sullo sviluppo di un’architettura altamente tecnologica, lanciata verso il futuro, ma anche – secondo il più tradizionale spirito orientale – profondamente integrata con la natura. Suo è il progetto, realizzato nel 2009 per la Biennale Urbanism\Architecture Shenzhen & Hongkong Bi-city, di un’area gioco immersa nel verde nella grande metropoli di Shenzen, città della Cina meridionale che fa da ponte fra Hong Kong e il resto del Paese.

Il tema del progetto – più un’installazione che non un vero e proprio parco giochi – è uno fra i più cari ai bambini: quello dei mostri, da cui sono al tempo stesso spaventati e affascinati. La ragione di questo fascino sta anche nel fatto che spesso nel mondo della fantasia i mostri si rendono invisibili all’Uomo, il che alimenta il senso di mistero aleggiante intorno a loro.

MAD Architects ha lavorato a partire da questa visione misteriosa, e ha inserito nella superficie a prato delle enormi orme di in materiale EPDM rosa, dentro le quali si può giocare in totale sicurezza anche a piedi scalzi, che si possono immaginare lasciate dalle enormi creature quando non viste. Il Monster’s Footprint si distingue quindi per la sua volontà di inserire in un contesto realistico elementi di fantasia di notevole impatto, alludendo a un mondo parallelo popolato da creature che da sempre colpiscono l’immaginazione dei piccoli e dando a loro, ma anche agli adulti, la possibilità di ritagliarsi uno spazio e un momento di svago e relax dentro una popolosa e frenetica metropoli.

La gomma EPDM (monomero etilene-propilene diene) è una gomma sintetica, o “elastomero”, con una vasta gamma di applicazioni. La lettera E si riferisce a etilene, la P a propilene, la D a diene e la M alla sua classificazione secondo la normativa ASTM standard D-1418.
La gomma EPDM è generalmente utilizzata soprattutto in virtù della sua alta capacità di isolamento, ad esempio in situazioni quali giunti e guide delle finestre, radiatori, tubi flessibili, cinghie, isolamento elettrico per proteggere dall’acqua le giunzioni dei cavi, nelle membrane di copertura dei tetti, e in molti altri ambiti ancora. Ma si distingue anche per una eccezionale resistenza al calore, all’ozono e all’invecchiamento, qualità che hanno consentito il suo impiego piuttosto atipico in questo progetto all’aria aperta in un contesto urbanizzato.

Interessante, a proposito dello Studio MAD, è ricordare che c’è una relazione recente con l’Italia e in particolare la città di Milano, grazie ai piani di recupero presentati durante la Milano Design Week 2017 per trasformare alcune aree ferroviarie in abbandono in “paesaggi sociali produttivi”. Questo nell’ambito di un progetto di ricerca coordinato dal Comune, al quale sono stati chiamati a dare il loro contributo diversi grandi Studi di architettura e urbanistica italiani ed esteri nell’ottica di una riflessione sulla futura conformazione della città. MAD architects’ scali Milano Farini e Valtellina riguarda in particolare due scali nel nord-ovest di Milano, in cui, come ha spiegato lo stesso Ma Yansong in un’intervista, le aree oggetto di recupero vengono sottoposte a una trasformazione basata su cinque concetti: “città di connessioni”, “città di verde”, “città di vita”, “città della cultura” e “città delle risorse”.

Animals of Fun – Slottspark – Kristineberg, Stoccolma

Questo parco è stato realizzato dal pluripremiato Studio Monstrum, di Ole Nielsen e Christian Jensen (insigniti fra l’altro del Premio di design danese 2012 per le Teensy Towers di Copenhagen, arredate con un planetario in miniatura e suggestive campane), specializzato in questo campo e noto alla comunità internazionale dei creativi per l’originalità delle sue concezioni.

I due fondatori hanno cominciato a progettare in questo settore con un parco giochi per la scuola frequentata dai loro figli, e poi hanno scelto di approfondire la ricerca di formule innovative puntando su giochi per i quali non si utilizzano mai pezzi prefabbricati, ma solo rigorosamente progettati ex novo: riproduzioni in scala di animali ed edifici realmente esistenti, sempre curatissimi nei dettagli ma soprattutto rivisitati in chiave estremamente fantasiosa.

Lo scopo è stimolare una fruizione creativa del gioco da parte del bambino, sollecitato a pensarsi e ripensarsi in mille ruoli diversi dentro questi magici contenitori, realizzati prevalentemente in legno. Un obbiettivo quasi controcorrente, data oggi la prevalenza di forme di intrattenimento infantile statico e tecnologico: il parco giochi del Terzo Millennio si configura qui, opportunamente rivisitato, come alternativa alla vita spesso eccessivamente sedentaria dei più piccoli, spinti invece a riscoprire il fascino degli spazi aperti e a sperimentare il proprio dinamismo (lo stesso Jensen riassume questi concetti nell’assunto “un buon parco giochi dovrebbe ispirare i ragazzi a muoversi”).

All’interno di Animals of Fun ci sono peraltro strutture praticabili non solo dai bambini ma anche dagli adulti e, fra questi, non solo gli accompagnatori dei piccoli visitatori ma anche i passanti. Inoltre, i giochi sono collocati in modo tale da generare contatti e scambi fra gli utenti in quanto particolarmente vicini fra loro, il che consente di guardare ed essere guardati, e divertirsi non solo in maniera autoreferenziale ma anche osservando cosa stanno facendo gli altri nello stesso momento.

Un non trascurabile dettaglio tecnico: come gli stessi Nielsen e Jensen tengono a specificare nel loro sito ufficiale, la verniciatura delle attrezzature Monstrum è sempre effettuata con la vernice di protezione a base d’acqua del Flügger Wood Tex Dækkende, per ridurne drasticamente la tossicità e il potenziale inquinante. Tale strategia va di pari passo con una assoluta attenzione per l’ecocompatibilità degli stessi materiali costruttivi in tutte le loro realizzazioni, come fra poco vedremo anche per il parco qui sotto descritto.

Brumleby Park – Copenaghen

Restiamo sui progetti di Monstrum spostandoci in Danimarca, dove grandissimo successo ha il Brumleby Park, un progetto che decisamente travalica i confini del “semplice” parco giochi per farsi vero e proprio cuore dell’omonimo quartiere. Quartiere peraltro nato già con scopi particolari fra il 1854 e il 1872, quando venne creato dall’Associazione Medica Danese fuori da quello che allora era il centro della città dopo una terribile epidemia di colera, per dare agli abitanti la possibilità di una vita più salubre immersa nel verde. Non per niente, il suo nome deriva da quello delle mucche che ai tempi ne popolavano i prati: brumble è infatti la parola che in danese “traduce” il verso delle mucche che ruminano l’erba. La straordinarietà di Brumleby sta nell’essere una realtà il cui alto profilo in termini di vivibilità e lo stile di vita alternativo sono evidenti ancor oggi – tant’è che l’intero quartiere è stato insignito del Premio Europa nostra proprio per la sua capacità di conservazione dell’antico spirito del luogo – e ciò lo rende la cornice ideale per la creatività eccentrica di Nielsen e Jensen.

Sul sito ufficiale di Monstrum Denmark si legge che “L’idea del playground è quella di ricreare una porzione dell’antica Brumleby per ricordarci la sua meravigliosa storia”. Il pezzo forte del complesso sono i tre edifici in scala del parco giochi: deformati in senso curvilineo come se fossero attorcigliati su se stessi e caratterizzati da scivoli alle finestre e collegamenti per passare “acrobaticamente” dall’uno all’altro, poggiano su una superficie in gomma fusa. Se strutturalmente queste casette propongono una forma bizzarra, che tende ad allontanarci dal mondo reale per entrare in quello della più sbrigliata fantasia, un po’ alla Alice in Wonderland, i loro colori, ocra e bianco, le riagganciano al contesto circostante, con cui i due designer intendono dialogare in modo stretto. Infatti tali colori sono gli stessi delle case del quartiere, costruite dall’architetto danese Michael Gottlieb Bindesbøll, figura-chiave del tardo Classicismo in Danimarca, e messe sotto protezione come patrimonio storico dal 1959.

Per quanto concerne i materiali, come anticipato è interessante sottolineare l’alta sostenibilità del Brumleby Park. Infatti, le casette sono realizzate in legno sostenibile (un compensato di okoume e Robinia certificato PEFC, il Programme for Endorsement of Forest Certification schemes – cioè il Programma di valutazione degli schemi di certificazione forestale, un sistema di certificazione per la gestione sostenibile delle foreste – e Nordic SUPER WOOD™) ottenuto da uno sfruttamento oculato delle risorse europee. Inoltre, il legno con contatto permanente a terra è Robinia hartwood, in grado di durare tra 25 e 40 anni a contatto con il terreno senza avere subito trattamenti impregnanti, il che disinnesca il suo potenziale inquinante.

L'autore

Laura Montingelli

Laura Montingelli è nata a Milano nel 1974.
Laureata in Lettere moderne, ha lavorato in diversi Studi milanesi di progettazione architettonica in qualità di Office manager, occupandosi anche di aspetti inerenti la comunicazione.
Ha inoltre al suo attivo varie collaborazioni come redattrice con riviste cartacee e digitali di architettura e design, arte contemporanea e musica.

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